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Sebastiano: il decano delle botteghe storiche dei Castelli Romani

1850: questo è l’anno in cui, secondo il direttore dell’Archivio Diocesano di Velletri, la famiglia Ciarla inizia l’attività di calzolaio. Ma andiamo per ordine.

(Lidia Casaldi, classe 1929 presso l'attuale negozio in Corso della Repubblica)

 

 

 

 

La storia della famiglia Ciarla inizia nei primi dell’Ottocento con Domenico, agricoltore, che ha un rovescio di fortuna per cui il figlio Pasquale, classe 1806, abbandona il lavoro paterno e nel 1836 si trasferisce con la moglie e quattro figli nel centro storico di Velletri, in via Collicello.  A questo punto, in base a quanto risulta dall’Archivio Diocesano, Sebastiano Ciarla, classe 1829, di professione calzolaio, nel 1851 si sposa con Maria Geltrude Mattoccia. Quindi è assodato che almeno dal 1850 Sebastiano è un calzolaio di Velletri.

A quei tempi fare il calzolaio significava fabbricare scarpe su misura e riparare mille volte le scarpe che si consumavano.

Un tempo venivano inchiodati lateralmente sui tacchi i "salvatacchi", a forma di mezze lune metalliche, e sulle punte della scarpa salvapunte metalliche, di forma triangolare, che evitavano il rapido consumo di queste due parti importanti della scarpa, mentre sull’intera suola esterna spesso venivano messi dei chiodi a gambo tagliato con la testa quadrata tronco-piramidale o allungata, chiamati "centrelle" , che rendevano le scarpe quasi eterne perché si consumavano soltanto questi chiodi e non la suola.

Purtroppo salvatacchi, salvapunte e centrelle provocavano non solo un fastidioso rumore metallico sul selciato delle strade e dei pavimenti delle abitazioni ma esse erano anche la causa di pericolosi scivoloni per mancanza di un adeguato attrito tra suola e superfici levigate. Viceversa le "centrelle" aiutavano a camminare bene sulle strade sterrate, bagnate e scivolose perché favorivano una maggiore aderenza della scarpa.

La bottega da calzolaio di Sebastiano è in via Portella, nei pressi di piazza Mazzini, e lì va a lavorare giovanissimo il figlio Amedeo, classe 1871, che prosegue l’attività del padre, così come Sebastiano, figlio di Amedeo, nato nel 1911.

Arriviamo così alla fine degli anni Quaranta quando inizia la produzione industriale delle scarpe (Olimpiadi, Ursus, Valentini , etc.), Così, dopo essere stato per secoli un paese - intendiamo l’Italia – di ciabattini, negli anni Cinquanta l’industria calzaturiera inizia il suo grande sviluppo che la porterà, in pochissimi decenni, a raggiungere i vertici mondiali. Le scarpe, dopo essere state per secoli e secoli un prodotto esclusivamente artigianale, vengono prodotte con mille materiali diversi e con colori e forme di ogni tipo. La scarpa perde la sua funzione primaria di protezione del piede e diventa sinonimo di moda.

È l’epoca in cui Sebastiano con il figlio Amedeo, oltre a continuare a produrre scarpe artigianali, iniziano a vendere le scarpe commerciali nei mercati dei paesi limitrofi.

(Sebastiano, classe 1911 - mercato)

Arriviamo così agli anni Sessanta, quando la piccola bottega di via Portella diventa il grande negozio di calzature di Corso della Repubblica e, nei primi anni Settanta, entra nell’attività familiare il figlio Amedeo, classe 1957, che prosegue con successo la tradizione familiare che continuerà con Sebastiano, figlio di Amedeo, classe 1993.

(Sebastiano, classe 1911 - negozio in Corso della Repubblica)

È evidente che 170 anni di storia sono tanti gli aneddoti che si possono raccontare. Il più famoso è legato a Sebastiano e al famoso brigante Cencio Vendetta che nel 1858 rubò l’immagine della Madonna delle Grazie.  Un fatto gravissimo, raccontato con dovizia di particolari dai giornali del tempo, e nel quale furono coinvolti (sembra) anche un canonico  della cattedrale che fu percosso a sangue da Sebastiano Ciarla che , per questo motivo, fu rinchiuso in carcere per alcuni giorni. Ben diverso fu il destino di Cencio Vendetta, giustiziato nel 1859 dal famoso mastro Titta in piazza del Trivio.

Il figlio Sebastiano, Amedeo fu nel 1904 tra i fondatori della Cassa Agricola Operaia Pio X che nel 1937 cambiò nome in Banca Popolare del Lazio. Ebbene, i soci fondatori alla prima riunione si portarono le sedie da casa e dopo una breve discussione decisero di fondare questa banca che ha avuto un ruolo fondamentale nello sviluppo economico di questo territorio.